Vai ai contenuti

Santi del 1 Marzo

Il mio Santo > I Santi di Marzo

*Sant’Agnese Cao Kuiying - Vedova, Martire (1 marzo)

Scheda del Gruppo cui appartiene Sant’ Agnese Cao Kuiying:
"Santi Martiri Cinesi" (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni)

Wujiazhai, Cina, 1821 circa - Xilin, Cina, 1 marzo 1856
Canonizzata il 1° ottobre 2000 da Papa Giovanni Paolo II.
Martirologio Romano: Nella città di Xilinxian nella provincia del Guangxi in Cina, Sant’Agnese Cao Kuiying, Martire, che, già sposata con un marito violento, dopo la morte di questi si dedicò per mandato del Vescovo all’insegnamento della dottrina cristiana e, messa per questo in carcere e patiti crudelissimi tormenti, confidando sempre in Dio migrò al banchetto eterno.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant’Agnese Cao Kuiying, pregate per noi.

*Sant'Albino di Angers - Vescovo (1 marzo)

Vannes, Francia, verso il 496 - 10 marzo 550
Nato intorno al 470 da una famiglia nobile, Albino fu Monaco e quindi Abate per venticinque anni a Nantilly, nei pressi di Saumur. Nel 529 fu eletto per acclamazione popolare vescovo di Angers. Fu uno dei principali promotori del terzo Concilio di Orleans, che riformò la Chiesa dei Franchi con grande fermezza. È ricordato come difensore dei poveri e dei prigionieri. Inoltre richiamò i signori merovingi al rispetto del vincolo matrimoniale. Morì il 1 marzo 550. (Avvenire)  
Etimologia: Albino = bianco, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Ad Angers nella Gallia lugdunense, ora in Francia, Sant’Albino, Vescovo, che biasimò con forza i costumi superbi dei potenti e con impegno promosse il III Concilio di Orléans per il rinnovamento della Chiesa.
Nato verso il 469 a Vannes da nobile famiglia, fu monaco e quindi (504) abate a Tincillac (o Cincillac), da  identificarsi con N. S. di Nantilly a Samour o a Théhillac, presso Guérande.
Per circa venticinque anni Albino resse santamente l'abbazia, e la fama delle sue virtù ebbe rapida diffusione tanto che nel 529 fu eletto, per desiderio popolare e nonostante le sue resistenze, vescovo di Angers.
Lottò particolarmente contro i matrimoni incestuosi, frequenti tra i nobili, partecipando attivamente ai Concili d'Orléans del 538 e del 541 mentre si fece rappresentare dall'Abate Sapaudo in quello del 549.
Il suo energico atteggiamento gli procurò minacce di morte e contrasti con gli altri Vescovi,
ma dall'approvazione di San Cesario trasse nuova lena per proseguire nella sua difficile e pericolosa opera moralizzatrice.
Morì il 1° marzo 550 ad Angers e fu sepolto nella chiesa di St. Pierre d'Angers;  
ma già nel 556 gli fu dedicata una chiesa nella cui cripta le sue spoglie vennero traslate.
Presso la chiesa sorse immediatamente un'abbazia (il cui primo abate fu, forse, Sapaudo) e in essa il corpo di Albino trovò definitiva sistemazione nel 1126.
Da Gregorio di Tours sappiamo che già ai suoi tempi il culto di Sant’ Albino era oltremodo diffuso; in seguito si estese in Germania, in Inghilterra e in Polonia, facendo di Albino uno dei Santi più popolari del Medio Evo.
La sua festa cade il 1° marzo.  

(Autore: Charles Lefebvre - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Albino di Angers, pregate per noi.

*Sant'Albino di Vercelli - Vescovo (1 marzo)

Vercelli, V secolo
Albino, visse verso la fine del V secolo.
Divenne Vescovo di Vercelli nel 452, l’anno in cui il generale Ezio sconfisse gli Unni e i Goti che avevano ovunque devastato.
Sulle rovine della Basilica edificata da Sant’Eusebio e sulla tomba del Martire San Teofrasto, Albino ricostruì la nuova chiesa della città.

Etimologia: Albino = bianco, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Vi sono ben tredici santi che portano questo nome, ma quello che stupisce che tre di essi sono celebrati lo stesso giorno, il 1° marzo: Sant’Albino Martire Venerato a Colonia, Sant’Albino Vescovo di Angers e Sant’ Albino  Vescovo di Vercelli di cui parliamo.
Egli figura nel catalogo episcopale della città di Vercelli al quinto posto dopo Sant'Eusebio, fondatore della diocesi.  
Albino divenne vescovo nel 452, anno in cui le orde barbariche dei Goti di Alarico e degli Unni di Attila, attraversarono e devastarono la città, venendo poi sconfitti dal generale Ezio.  
A lui toccò di ricostruire la Cattedrale, che era stata edificata per iniziativa dell’imperatore Teodosio il Grande (379-393), che aveva sostituito a sua volta la piccola basilica nella zona cimiteriale, fondata da Sant’ Eusebio, sulla tomba del martire San Teonesto, presso la quale il protovescovo volle essere sepolto.
La celebrazione della dedicazione a Sant’Eusebio della cattedrale, ricostruita e restaurata, avvenne con un rito così grandioso che ne rimase a lungo il ricordo; le lezioni storiche della diocesi vercellese ricordano al 31 agosto questa celebrazione, con un episodio straordinario avvenuto in tale circostanza.
Albino temporeggiava a celebrare la dedicazione della cattedrale, perché desiderava la visita per l’occasione di qualche insigne Vescovo, la sua attesa fu premiata dal passaggio per Vercelli del santo vescovo d’Auxerre, Germano; all’invito di Albino, San Germano che era diretto con urgenza a Ravenna, promise che al ritorno si sarebbe fermato per presenziare il rito.
Ma San Germano, morì durante il suo soggiorno a Ravenna e a Vercelli tornò la sua salma, nel suo viaggio di ritorno in Francia.
La leggenda racconta che una volta entrato il feretro nella cattedrale, fra il grande concorso di clero e popolo, le numerose candele, necessarie per illuminare il vasto ambiente, si accesero improvvisamente senza l’intervento di alcuno, quando nei giorni precedenti, inspiegabilmente non si era riuscito a farlo; il Santo Vescovo adempiva così la sua promessa, con questo prodigio.
Comunque è una leggenda, perché le date non concordano, infatti San Germano morì a Ravenna il 13 luglio 448 quando vescovo di Vercelli era San Giustiniano e non Sant’ Albino che lo divenne nel 452.
Di lui non si sa altro, il suo culto è antichissimo.  

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Albino di Vercelli, pregate per noi.

*San Bertrando - Venerato a Fontaniva - Pellegrino tedesco (1 marzo)
† 1 marzo 1220

San Bertrando o Bertramo d’Orega (?) è venerato nella parrocchia di Fontaniva, della diocesi di Vicenza e in provincia di Padova. Di lui sappiamo che era un pellegrino tedesco.
Su di lui esiste un leggendario racconto agiografico.
Bertrando sarebbe nato probabilmente nella seconda metà del XII secolo, in Promerania, una regione dell’alta Germania orientale. Avrebbe trascorso l’infanzia e la giovinezza nella sua ipotetica, antica e nobile famiglia Orenga.
Divenuto uomo, trasportato dallo spirito cavalleresco del tempo, sotto l’ispirazione di Dio, dopo la rinuncia totale dei suoi beni, avrebbe deciso di lasciare il suo castello, e vestire gli abiti del pellegrino.
Per dimostrare la sua carità verso il prossimo si sarebbe messo in viaggio con la precisa volontà di raggiungere Roma.
Una volta arrivato a Fontaniva, nei pressi di Padova, fu accolto da Baldo de Carini e i suoi tre fratelli, feudatari del luogo.  Trascorso un periodo tra quei valvassori, San Bertrardo si sarebbe rimesso in cammino alla volta della città eterna.
Nei pressi di Cittadella, vicino alla Pieve di San Donato, Bertrando avvertì un malore e sedutosi su un sasso di un sagrato della chiesa, chiese a un fanciullo che lo accompagnava di trovare un sacerdote.
Proprio in quel frangente, vicino a quel luogo passava un abate, zio dei feudatari di Fontaniva.  
Il fanciullo che accompagnava San Bertrando lo supplicò di fermarsi dal pellegrino per raccogliere la sua confessione.
Una volta confessato Bertrando morì. Presumibilmente era l’1 marzo 1220.
San Bertrando venne sepolto a Fontaniva. Gli abitanti del luogo che lo consideravano santo, ottennero m
olte grazie dopo l’invocazione al santo pellegrino. Il paese di Fontaniva lo elesse patrono, la chiesa ne approvò il culto e ne fissò la festa il giorno 1 marzo.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Bertrando, pregate per noi.

*San Bono di Cagliari - Vescovo e Martire (1 e 10 marzo)
Sec. III
Emblema: Bastone pastorale, Palma
(Fonte:
Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Bono di Cagliari, pregate per noi.

*Beato Cristoforo da Milano - Domenicano (1 marzo)

Milano, 1410 - Taggia, 1484
Nato a Milano, una volta entrato nell'Ordine divenne uno dei più celebri predicatori del suo tempo.
La predicazione dottrinale, la passione per il decoro liturgico, la pratica edificante dell'umiltà, la povertà evangelica e il fascino della purezza fanno di lui un fedele imitatore di San Domenico.
Nel 1460 fondò il convento di Taggia (Imperia). Il suo corpo riposa nella chiesa da lui stesso dedicata a S. Maria Madre delle misericordie a Taggia.

Martirologio Romano: A Taggia in Liguria, commemorazione del beato Cristoforo da Milano, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, dedito al culto divino e alla sacra dottrina.
Santa Caterina da Siena aveva ardentemente desiderato che l’Ordine Gusmano tornasse ad essere un “giardino tutto delizioso”.  
Raimondo da Capua e gli altri, discepoli della santa, raccolsero come un testamento il suo fervido voto, e da lei protetti, inaugurarono felicemente la Riforma. Così nel XV° secolo fu tutta una fioritura di santi e di beati che dettero all’Ordine Domenicano nuovo splendore.  
Di questa illustre schiera fa parte Cristoforo da Milano, nato nel 1410 nel capoluogo lombardo. La santità della vita, la santa passione delle anime, la parola infiammata ed eloquente, fecero di lui un grande ed efficace predicatore. Vestì il Sacro Abito nel convento di Sant’Eustorgio.
Nel 1446 fu Maestro dei Novizi a Mantova. Svolse un vasto apostolato in diverse regioni d’Italia e specialmente nella Liguria occidentale. Nel 1460 a Taggia, su richiesta dei cittadini, fondò un convento e una chiesa che consacrò a Maria Madre delle Misericordie.
Sotto il suo governo vi fiorì la disciplina e lo splendore della disciplina e del culto. A tale nobile fine egli dispose che i religiosi incaricati ogni settimana di dirigere l’Ufficio divino, ad imitazione degli antichi sacerdoti che servivano al Tempio, non dovevano mai uscire dal convento, ne avere altri impegni perché, occupati unicamente del culto, potessero essere i mediatori presso Dio in nome dei loro fratelli trattenuti da altri servizi.
Cristoforo promosse con zelo gli studi e, da buon Domenicano, attirò all’Ordine numerose vocazioni. Morì nel marzo del 1484 a Taggia.
É sepolto in tale chiesa conventuale, dove è tuttora venerato all’ombra delle aggraziate volte rinascimentali e sotto il dolce sorriso della Madonna del Brea.  
Papa Pio IX il 3 aprile 1875 ha confermato il culto.
L'Ordine Domenicano lo ricorda il 1 marzo.

(Autore: Franco Mariani - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Cristoforo da Milano, pregate per noi.

*San David di Menevia (del Galles) - Monaco, Vescovo (1 marzo)
Menevia, Galles, 542 c. - Mynyw, Galles, 601 c.
Visse nel secolo VI e sarebbe morto nel 601; sebbene sia citato in documenti dei secoli VIII - X, una sua biografia fu scritta solo nel secolo XI da un certo Rhygyfarch.
David era figlio di Sant e Nonna e nacque nella valle di Rhos; fu educato ed istruito da sant'Iltut e poi da Paolino; venne ordinato sacerdote e si ritirò in un'isola solitaria dove stette per dieci anni, dedito allo studio della Sacra Scrittura.
In seguito abbracciò la vita monastica e prese ad evangelizzare la Britannia, abitata ancora da popolazioni celtiche; fondò dodici monasteri, nei quali instaurò una vita comunitaria, austera, densa di studio, lavoro e preghiera. Ritornato in patria succedette a San Dubricio come Vescovo  di Caerlon, da dove poi si trasferì alla sede di Menevia. Secondo una tradizione leggendaria sarebbe vissuto per 147 anni.
Il suo sepolcro divenne presto una meta di pellegrinaggi ed a lui furono intestate molte chiese nel Galles, nell'Irlanda e Inghilterra. (Avvenire)

Patronato: Galles
Emblema: Mitra, Pastorale, Colomba, Modellino
Martirologio Romano: A Saint David in Galles, San Davide, Vescovo, che, imitando il modello e i costumi dei Padri d’Oriente, fondò un monastero, dal quale partirono moltissimi monaci ad evangelizzare il Galles, l’Irlanda, la Cornovaglia e la Bretagna.
Grande figura di Vescovo e Monaco, evangelizzatore della Britannia, esimio rappresentante delle Chiese celtiche del Galles.
Visse nel secolo VI e sarebbe morto nel 601; sebbene sia citato in documenti dei secoli VIII – X, una sua biografia fu scritta solo nel secolo XI da un certo Rhygyfarch, essa risulta molto fantasiosa e ricalca quella di San Benedetto.
David era figlio di Sant e Nonna e nacque nella valle di Rhos; fu educato ed istruito da Sant' Iltut e
poi da Paolino; venne ordinato sacerdote e si ritirò in un’isola solitaria dove stette per dieci anni, dedito allo studio della Sacra Scrittura.
In seguito abbracciò la vita monastica e prese ad evangelizzare la Britannia, nome latino della Gran Bretagna, abitata ancora da popolazioni celtiche; fondò dodici monasteri, nei quali instaurò una vita comunitaria, austera, densa di studio, lavoro e preghiera.
Scampò ad un tentativo di avvelenamento da parte dei monaci, forse per la troppa austerità (stranamente a quei tempi, si cercava di risolvere così qualche problema di insofferenza, risulta anche qualche altro caso); andò a Gerusalemme, dove fu consacrato Vescovo.
Ritornato in patria succedette a San Dubricio come vescovo di Caerlon, da dove poi si trasferì alla sede di Menevia; fu molto influente sulla vita monastica del Galles, presiedendo a parecchi sinodi, nei quali furono prese delle decisioni disciplinari e teologiche, importanti per le Chiese celtiche.
Anche se è difficile crederci, risulta che David visse 147 anni, il suo sepolcro divenne  presto una meta di pellegrinaggi ed a lui furono intestate molte chiese nel Galles, nell’Irlanda e Inghilterra. Quasi quattro secoli dopo la sua morte, nel 966 il suo corpo fu traslato a Glastonbury; nei calendari celtici ed irlandesi e nel "Martirologio Geronimiano" è celebrato il 1° marzo. Del monastero e della chiesa, da lui fondati a Menevia, oggi Saint-David, non rimane più nulla; l’unica opera iconografica dove è raffigurato, sono gli affreschi della chiesa di Saint-Divy di Landerneau, nel miracolo operato quando la terra, dove era poggiato per predicare, si sollevò a formare una collina e la colomba dello Spirito Santo venne a posarsi sulla spalla.  

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San David di Menevia, pregate per noi.

*Santa Domnina - Vergine in Siria (1 marzo)

Siria, II secolo ?
Con questo nome per noi strano, vi sono ben cinque Sante, riportate nella “Bibliotheca Sanctorum” quasi tutte orientali, tranne una Martire a Terni.
Della Santa Domnina che si venera al 1° marzo, si hanno poche notizie, del resto come per le altre; essa è citata in questo giorno dai Sinassari bizantini; (il Sinassario nella liturgia greca è l’indice delle Lezioni ed il libro che le raccoglie).  
Secondo lo storico teologo Teodoreto, Vescovo di Ciro (393-458), Domnina era di ricca famiglia nella Siria cristiana, da giovane si costruì una capanna nel giardino della casa materna e vi trascorse tutta la vita, pregando e digiunando, al punto da divenire estremamente magra; praticamente una eremita dentro le mura di casa.
Lo stesso storico Teodoreto, scrive nella sua “Historia Religiosa”, cap. 30 in “Patrologia Graeca”, che la santa aveva raggiunto un tale grado di misticismo, che non poteva pronunziare nemmeno una parola, senza versare lacrime, che gli sgorgavano ispirate dall’ardente amore di Dio.
Altro non riusciamo a sapere, in quanto i testi storici stampati che la menzionano sono antichi, del 1668, 1897, 1957 e di non facile consultazione.  

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Domnina, pregate per noi.

*Sant'Eudocia (Eudossia) di Eliopoli - Martire (1 marzo)

Emblema: Palma
Secondo la sua lunghissima passio, Eudocia era una donna samaritana, che viveva ad Eliopoli nella Fenicia Libanese ai tempi di Traiano (98-117).
Coi suoi facili costumi e la sua straordinaria bellezza si era procurata innumerevoli amanti e immense ricchezze, ma avendo per caso udito un monaco, Germano, leggere qualcosa sui Novissimi, ne restò impressionata, ottenne di parlarne con Germano stesso e con un sacerdote di Eliopoli e decise di farsi cristiana, di dare tutte le sue sostanze ai poveri e di condurre vita di penitenza e di preghiera.
Le apparve l'arcangelo Michele in lotta col dragone infernale per il possesso dell'anima di lei e la voce di Dio sancì i diritti del perdono e della misericordia.  
Battezzata da Teodoto, vescovo di Eliopoli, concesse libertà a tutti i suoi schiavi, offrì tutte le sue ricchezze alla Chiesa e si chiuse in un monastero femminile congiunto a quello di Germano (si noti come si supponga già esistente il Monasterium duplex, che conosciamo per l'alto Medioevo), di cui in breve divenne la superiora.
Un suo antico amante, Filostrato, che con abili manovre era riuscito a parlarle per indurla a tornare al peccato,  cadde morto ai suoi piedi, ma Eudocia lo resuscitò e lo convertì.
Un regalus del luogo, certo Aureliano, cercò di farla arrestare, ma i suoi soldati restarono inspiegabilmente immobilizzati per tre giorni ed infine un drago col suo alito pestilenziale li uccise quasi tutti. Il figlio stesso di Aureliano si incaricò allora dell'impresa: ma cadde da cavallo e, per una distorsione ad una caviglia (!), morì miseramente.
Il re ne fu costernato e si decise a mandare un suo tribuno, Babila, a chiedere aiuto alla santa medesima. Eudocia rispose con una lettera, al semplice contatto della quale il giovane resuscitò. Aureliano si convertì e con lui tutta l a sua famiglia e i suoi magistrati: la figlia Gelasia entrò nel monastero di Eudocia e il figlio risorto divenne diacono e poi vescovo di Eliopoli.
Allora il preside Diogene, già fidanzato di Gelasia, diede ordine di arrestare Eudocia, che, però, prima di essere trascinata via dal suo monastero, riuscì a prendere con sé un frammento dell'Eucaristia conservata nel Sacrarium (!).
La santa venne lungamente interrogata sulla sua fede e sulle sue intenzioni, ma restò salda nei suoi propositi: mentre i littori si accingevano a sottoporla ai tormenti, ad Eudocia cadde la particola dell'Eucaristia, che venne gettata dai pagani sul fuoco: ne scaturirono globi di fiamme e tutti gli astanti, compreso il preside, ne restarono carbonizzati.
Per intervento di Eudocia tutti resuscitarono. Anche una ricca matrona, morta in quel periodo, venne resuscitata e così pure un fanciullo, ucciso da uno spaventoso dragone.
Grandi masse di popolo si convertirono al Cristianesimo alla vista di tanti miracoli e, tra gli altri, anche il  preside Diogene. Alla morte (definitiva) di quest'ultimo gli successe il preside Vincenzo, uomo estremamente crudele ed infesto ai cristiani: come primo gesto del suo governo diede ordine di decapitare Eudocia ed il martirio avvenne senza altri incidenti alle calende di marzo.
Questa passio, scritta originariamente in dialetto siro-fenicio (almeno con probabilità) e quindi tradotta in greco, non merita in verità nessuna fiducia, sia per quanto riguarda il racconto sia per quanto riguarda i particolari (specialmente cronologici e topografici) di esso: è uno dei soliti romanzi agiografici che non hanno altro scopo che quello di eccitare la fantasia popolare con la narrazione dei miracoli più grandiosi proprio nelle circostanze più disperate, col porre di fronte la fragilità e la potenza, la bellezza (le donne di Eliopoli erano famose per la loro venustà) e la lussuria, sempre con la vittoria delle prime.
Vi sono ampiamente svolti i temi teologici della conversione e dell'uso delle ricchezze, bene o male acquisite. Non torna conto, tuttavia, soffermarsi a porre in risalto le innumerevoli incongruenze, per cui si riportano ai tempi sub-apostolici istituzioni e usi posteriori al sec. VII.
Resta da chiedersi se tale passio sia anteriore o posteriore alla celebrazione del 10 marzo in onore di Eudocia, e, in altre parole, se la leggenda agiografica abbia inventato o presupponga l'esistenza della martire. Due sono gli elementi che restano fissi, sotto il fiorire delle leggende, a determinare la storicità di un martire: il culto al sepolcro e la festa annuale.
Ora, di un culto al sepolcro di Eudocia, anzi, dell'esistenza di un suo sepolcro, non sappiamo nulla e neppure la passio sa indicarlo.
Per quanto poi riguarda la celebrazione del 1o marzo, dobbiamo riconoscere che non ne esistono testimonianze anteriori alla passio stessa.
La recensione che ne dà il Sinassario Costantinopolitano (coll. 498-99) non è che un  breve sunto di quella passio e, dunque, a lei posteriore; quella del Calendario Palestino-georgiano del sec. X (Garitte, p. 53) mancava nella prima stesura del documento, e vi fu aggiunta da Giovanni Zosimo quando poté arricchire il suo calendario con dati fornitigli da fonti greche: questo appare particolarmente grave in una celebrazione che doveva trarre la sua origine appunto dalle terre del Libano.  
Le note poi dell'Auctarium di Molano ad Usuardo (1568) e del Martirologio Romano (1586) sono troppo tarde e  troppo chiaramente dipendenti dai sinassari bizantini per meritare qualsiasi attenzione. Non resta che concludere che non è certamente esistita una martire Eudocia dell'età traianea o di altra età: tutt'al più, a non voler eccessivamente insistere sul silenzio della prima redazione del Calendario Palestino-georgiano, si potrà ammettere che una celebrazione del 1o marzo abbia inteso ricordare una qualche venerata personalità dell'epoca bizantina, magari l'antica fondatrice di un monastero femminile in Eliopoli.  

(Autore: Giovanni Lucchesi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eudocia di Eliopoli, pregate per noi.

*San Felice III (II) – 48° Papa (1 marzo)

m. 492
(Papa dal 13/03/483 al 01/03/492)

Romano, scomunicò Aracio, patriarca di Costantinopoli, che aveva favorito gli eretici che si opponevano alla autorità del concilio di Calcedonia.
Martirologio Romano: A Roma presso San Paolo sulla via Ostiense, San Felice III, Papa, che fu antenato del Papa San Gregorio Magno.
Ad essere precisi si dovrebbe chiamare Felice II, perché il precedente Pontefice con questo nome (355-365) fu in realtà un antipapa imposto dall’imperatore Costanzo II e come si sa gli antipapa non vengono considerati nella cronologia numerica dei Papi, ma questo antipapa Felice II fu un Martire e la Chiesa lo commemora comunque il 29 luglio come Santo, per questo motivo il successore Pontefice con il nome Felice è diventato III e non II.
Ritornando al Papa San Felice III, egli era di Roma e il suo prenome era Coelius; si era nel tempo in cui il celibato per gli ecclesiastici non era stato ancora reso obbligatorio, si cominciò a disciplinarlo
con papa san Siricio (384-399) e perciò non bisogna meravigliarsi se era figlio di un prete di nome Felice, anzi Coelius era sposato ed aveva avuto tre figli, morti poi durante il suo pontificato (483-492), uno di loro fu padre del futuro Papa San Gregorio Magno (590-604).
San Felice III succedendo a Papa San Simplicio (468-483) venne eletto nel marzo del 483 e dovette occuparsi subito e soprattutto dello scisma che susciterà il patriarca di Costantinopoli Acacio († 489), si era al tempo dell’eresia monofisita (eresia cristologica del V secolo, che sosteneva l’esistenza in Cristo di una sola natura) e al nuovo Papa giunse la notizia della pubblicazione dell’”Enotico”, da parte dell’imperatore d’Oriente Zenone, (l’Enotico era una formula promulgata appunto dall’imperatore nel 482 dietro suggerimento di Acacio, per porre fine alle controversie tra cattolici e monofisiti e ristabilire l’unità religiosa, ma come spesso accade non soddisfece nessuno).
Inoltre il Papa fu informato dei sotterfugi imperiali per negare la sede vescovile di Alessandria al Vescovo cattolico Giovanni Talaia, per concederla al monofisita Pietro Mongo. Allora Papa Felice III inviò in Oriente una delegazione, composta da due Vescovi Vitale e Miseno e il "defensor" romano Felice, perché portassero le sue lettere ed argomentazioni all’imperatore e al patriarca Acacio, invitando quest’ultimo a dare spiegazioni sul suo comportamento contro Giovanni Talaia.
Ma i Legati pontifici si lasciarono invece corrompere, anzi furono presenti alla solenne celebrazione in cui il patriarca Acacio consacrò Pietro Mongo come Vescovo di Alessandria.
Il Papa fu informato di ciò dai monaci Acemeti (Comunità di monaci bizantini fondati all’inizio del V secolo da Sant’Alessandro l’Acemeta, sulla riva asiatica del Bosforo; il loro nome significava “quelli che non dormono” per la continua preghiera fatta a turno giorno e notte) e al ritorno della sua delegazione si mostrò sdegnato e convocò un Concilio di 77 Vescovi e il 28 luglio 484 scomunicò Acacio e lo depose dalla carica, perché non si era presentato a dare conto del suo operato.
Questa sentenza fu portata poi in Oriente dal "defensor" Tuto, il quale non potendola pubblicare in alcun modo, con l’aiuto dei monaci, fedeli a Roma, attaccò il documento al pallio patriarcale di Acacio, mentre celebrava con solennità in Santa Sofia.
La reazione di Acacio fu che cancellò il nome del Papa dai dittici (forma di registro con tavolette, poggiato sull’altare contenente i nomi dei Vescovi e benefattori) e castigò i monaci, mentre ancora una volta, Tuto come i precedenti, si fece corrompere dai doni bizantini e così rientrato a Roma, fu a sua volta scomunicato dal Papa nel 485.
La lotta che vide contrapposte le Chiese d’Oriente ed Occidente durò 35 anni, e che portò tante divisioni anche nei secoli successivi per altre eresie e scismi, continuò perché Felice III impose al clero e fedeli di Costantinopoli ed Alessandria di disconoscere come loro Vescovi Acacio e Pietro Mongo e pur essendo stati sostituiti, richiese ripetutamente all’imperatore Zenone e agli altri Vescovi, che essi fossero condannati.
Fu impegnato a sostenere inoltre i Vescovi dell’Africa, aggrediti dalle invasioni dei Vandali; approvò il Concilio africano del 467 ed emanò norme per ammettere alla Chiesa Cattolica tutti quelli che erano stati battezzati dagli eretici.
Morì il 1° marzo 492 e fu sepolto nella Basilica di San Paolo a Roma, perché lì vi era la tomba di famiglia.
Alcuni affreschi lo ritraggono in vari luoghi, riportando a volte l’errore di c
hiamarlo Felice II; che solo successivi studi storici, hanno poi riportato come III, secondo quanto detto all’inizio di questa scheda.  
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Felice III, pregate per noi.

*Beato Giorgio di Biandrate (1 marzo)
+ 1483
Apparteneva alla famiglia dei conti di San Giorgio Canavese. Celebre la sua carità e la tenera devozione alla Vergine Santissima.
Morì nel 1483.
Il suo corpo riposa nella parrocchiale di San Giorgio Canavese, dove una lapide ricorda la fama dei miracoli compiuti sia da vivo sia da morto. Era festeggiato il primo marzo.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giorgio di Biandrate, pregate per noi.

*Beata Giovanna Maria Bonomo - Basessa dell'Ordine di San Benedetto (1 marzo)

Asiago, 15 agosto 1606 - Bassano, 1 marzo 1670
Martirologio Romano:
A Bassano in Veneto, Beata Giovanna Maria Bonomo, Badessa dell’Ordine di San Benedetto, che, ricca di doni mistici, fu partecipe nel corpo e nell’anima dei dolori della Passione del Signore.
Nacque ad Asiago nella casa paterna al centro del paese il 15 agosto 1606, da Giovanni, ricco mercante, la cui famiglia aveva possedimenti non solo ad Asiago, ma anche nei paesi vicini, e da Virginia della nobile famiglia dei Ceschi di Borgo Valsugana.
Aveva appena dieci mesi quando, si racconta, ricevette improvvisamente dal Cielo l'uso della parola, per distogliere il proprio padre da una cattiva azione. A cinque anni aveva già penetrato, per
ispirazione divina, il mistero della presenza eucaristica. Ancora bambina imparò benissimo il latino senza l'aiuto di professori o di ripetitori.
La Beata aveva appena sei anni quando la madre morì nel 1612 e nel 1615 il padre, non potendo attendere degnamente alla sua educazione, la condusse a Trento nel Monastero di Santa Chiara, guidato dalle Clarisse che provvidero a impartire alla Bonomo un'educazione secondo i costumi dell'epoca, basata su religione, letteratura, musica, lavori di ricamo e danze.
A soli nove anni, cioè a un'età eccezionale per quei tempi, venne ammessa alla prima Comunione.
In quell’occasione, Giovanna Maria pronunziò un voto di verginità al quale si mantenne fedele per tutto il resto della sua vita.
A dodici anni Maria scrisse al padre la sua intenzione di farsi monaca Clarissa e di rimanere a Trento.
Giovanni Bonomo dapprima ostacolò in ogni modo la vocazione della figlia, la fece rientrare ad Asiago per avviarla alla vita matrimoniale, ma alla fine acconsentì al desiderio della figlia riservandosi tuttavia di scegliere personalmente l'ordine e il monastero. Nella chiesa di Santa Chiara a Trento fu novizia e la domenica accompagnava la messa col suono del violino, attirando nelle chiesetta, fuori le mura, numerose persone.
Finalmente, a quindici anni il 21 giugno 1621 Maria entrò nel Monastero Benedettino di San Girolamo a Bassano. Le fu imposto il nome di Giovanna Maria e l'8 settembre 1622 fece la professione dei voti di povertà, castità e obbedienza. Cominciò allora il cammino verso la perfezione seguendo le tre vie tradizionali: purificativa, illuminativa e sensitiva. La sua vita era costellata da visioni celesti e per circa sette anni ebbe “molte grazie” e  poté godere di gioie celestiali, soprattutto nelle sue frequenti esperienze mistiche, che diventavano più intense quando riceveva la Comunione.
Il privilegio di giungere al culmine dell'esperienza divina, al dialogo con il Salvatore, comportò anche la prova di grandi tribolazioni nel corpo e nello spirito. A vent’anni, durante una delle solite estasi, Gesù le pose al dito l'anello dello sposalizio mistico, da allora per alcuni anni dal pomeriggio del giovedì fino alla sera del venerdì o la mattina del sabato, riviveva in estasi tutti i momenti e tutti i dolori della Passione di Cristo. Ricevette anche le stigmate!
Questi fenomeni da un lato la riempivano di gioia, ma dall'altro l'angustiavano, perché la facevano apparire agli  occhi degli altri “ciò che non è” come diceva lei stessa. Pregò intensamente finché le fu concessa la grazia che scomparissero le stigmate e che le estasi accadessero soltanto di notte, permettendole così di condurre una vita normale nel monastero. Ebbe anche il dono della bilocazione.
La fama di santità che si diffondeva, le suscitò la contrarietà di alcune consorelle, del confessore e della Curia di Vicenza che per sette anni le proibì di recarsi in parlatorio e di scrivere lettere. Perfino il confessore la considerava “pazza” e arrivò al punto di proibirle la Comunione finché un giorno la Sacra Particola le fu portata da un Angelo. In quel periodo fu anche colpita da malattie fisiche: febbri periodiche e poi continue, sciatica, ecc.
La situazione cambiò nell'ultimo ventennio della sua vita. Le fu permesso di riprendere la corrispondenza e fu  anche eletta Badessa nel giugno del 1652.
Il 1° agosto 1655 fu eletta Priora fino al 1664, quando fu eletta nuovamente Badessa. Insegnò alle monache che la santità non consiste nel fare cose grandi, ma nel compiere perfettamente le cose semplici e comuni.
Molti, anche nobili, ricorsero a lei per consigli e molti bisognosi godevano della sua grande carità, virtù che insieme all'umiltà e all'eroica pazienza furono le caratteristiche della sua vita.
Ma era ormai vecchia, colma di meriti ma anche carica di dolori, sotto il cui peso finalmente piegò le stanche ginocchia a Bassano il 1° marzo 1670
Il centro della sua spiritualità, iniziata alla scuola francescana e portata a compimento in quella benedettina, ma con influssi carmelitani e ignaziani, è imperniata sulla figura del Cristo, lo Sposo Mistico, contemplato nelle fasi più salienti della sua vita terrena, come si può anche ricavare dai suoi scritti, tra cui primeggiano le “Meditazioni sulla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo” e le numerose lettere rimaste.
Molte guarigioni prodigiose furono attribuite alla sua intercessione tanto che nel 1699 fu introdotto il processo di Beatificazione che si concluse il 9 giugno 1783 quando fu solennemente Beatificata da Pio VI con grande gioia della popolazione di tutto il Veneto e in particolare di Bassano ed Asiago che l'acclamarono patrona.
L'ultimo prodigio si verificò nella sua patria natale durante la prima guerra mondiale, quando nonostante i furiosi bombardamenti che distrussero tutta Asiago, la statua a lei dedicata nel 1908 davanti alla sua casa natale, rimase inspiegabilmente intatta. Il Martyrologium Romanum la ricorda il 1° marzo.
Ad Asiago viene festeggiata il 26 febbraio.  

(Autore: Franco Sella - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Giovanna Maria Bonomo, pregate per noi.

*Beato Gonzalo de Ubeda - Vescovo Mercedario (1 marzo)
Il Beato Gonzalo de Ubeda, era vescovo Mercedario ausiliare di Granada e commendatore perpetuo.
Verso l’anno 1500, trasferì il suo monastero che si trovava ad un miglio dalla città di Granada, nelle vicinanze di Porta Elvira di detta città.
Qui costruì chiesa e convento, in stile romano-gotico-arabo, tra gli anni 1521 e 1525.
Morì santamente a Granada nel 1538.
L’Ordine lo festeggia il primo marzo.

(Fonte:
Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Gonzalo de Ubeda, pregate per noi.

*San Leone di Bayonne - Vescovo e Martire (1 marzo)

Martirologio Romano: Nella Guascogna, in Francia, San Leone, vescovo e martire.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Leone di Bayonne, pregate per noi.

*San Leone Luca (Leoluca) di Corleone - Abate di Monte Mula (1 marzo)

Corleone, IX sec.
Emblema: Pastorale, Bibbia
Martirologio Romano: Nel monastero di Avena tra i pendii del monte Mercurio in Calabria, San Leone Luca, abate di Monte Mula, che rifulse nella vita eremitica come in quella cenobitica seguendo le regole dei monaci orientali.
Nacque a Corleone, intorno all' 815-818, alla vigilia dell'invasione saracena della Sicilia. Al battesimo, i genitori gli imposero il nome di Leone. Cresciuto in seno ad una agiata famiglia di possidenti, ricevette una buona formazione  religiosa e civile.
Rimasto orfano ancor giovinetto, Leone dovette dedicarsi alla gestione del suo patrimonio e alla sorveglianza dei suoi armenti. Nella solitudine dei campi e nella contemplazione della natura,
sentì nel suo cuore la chiamata del Signore. Ormai ventenne, Leone vendette tutti i suoi averi, distribuendo il ricavato ai poveri del paese.
Quindi lasciò Corleone e si ritirò nel monastero basiliano di San Filippo d'Agira, in territorio di Enna, dove si fermò per un breve periodo. Avendo intenzione di condurre vita eremitica, passò in Calabria. Prima però volle sciogliere un voto fatto alla partenza da Corleone, recandosi a Roma in pellegrinaggio, in visita alla tomba dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Ritornato in Calabria, chiese di essere accolto nel monastero basiliano di Santa Maria di Vena, presso l'attuale Vibo Valentia, dove l'abate Cristoforo gli impose il nome di Luca. Qui condusse una vita esemplare ed austera, fatta di umiltà e di obbedienza, non cessando mai di pregare e digiunare.
Alla morte di frate Cristoforo, gli fu affidata la guida della comunità, divenendone abate. Sotto la sua guida la comunità si accrebbe sempre di più; fondò altri conventi, adunando sotto la sua personale disciplina circa cento frati.
L'elevatezza del suo sentimento religioso, la fama della sua santità e la vigoria fattiva del suo spirito si diffusero in tutta la regione, dando un impulso non indifferente al rinnovamento della sua nuova patria, la Calabria; a lui accorrevano quanti erano nel bisogno dello spirito e del corpo, ottenendo per mezzo della sua preghiera, grazie e guarigioni. Morì all'età di cento anni, dopo ottanta anni di vita monastica. Subito dopo la morte, per le sue eccelse virtù, venne proclamato santo e il suo culto si diffuse prima in tutta la Calabria, e quindi anche in Sicilia ormai libera dal dominio dei musulmani.
I corleonesi vollero chiamare il loro Santo concittadino Leoluca, unendo al nome di battesimo Leone, quello  monacale di Luca. Nel 1575, in occasione della peste che colpì la Sicilia, i suoi concittadini lo proclamarono Patrono e Protettore della città di Corleone.
Questo santo invoca la fede popolare contro ogni male che possa arrecare danno alla città. Sia che si tratti di cataclismi naturali, terremoti, pestilenze e carestie o di eventi voluti dall’uomo, guerre ed invasioni straniere, ogni corleonese rimane incrollabilmente sicuro che invocare San Leoluca significa che la città possa passare indenne attraverso ogni calamità.
La festa di San Leoluca si celebra il 1° marzo, mentre l’ultima domenica di maggio si ricorda il miracolo operato dal Santo, che nel lontano 27 maggio 1860 apparve alle porte della città, risparmiando Corleone dall’assedio delle truppe borboniche.

(Autore: Irene Stassi – (Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria -  San Leone Luca di Corleone, pregate per noi.

*San Pietro Ernandez - Mercedario, Martire (1 marzo)
Fu, San Pietro Ernandez, un mercedario con molti doni divini, specialmente quello delle lingue consentendogli di convertire molti infedeli.  
Per amore di Cristo e del vangelo, fu lacerato lungo le strade pubbliche in Almeria (Spagna), con tenaglie infuocate, poi legato ad un palo fu trafitto con frecce ricevendo dal tiranno un nobile trionfo e meritò la corona dei Santi.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro Ernandez, pregate per noi.

*San Rudesindo - Vescovo (1 marzo)

Portogallo, 26 novembre 907 - Cellanova, Spagna, 1 marzo 977
Martirologio Romano:
A Cellanova nella Galizia in Spagna, San Rudesindo, dapprima vescovo di Mondoñedo, che si adoperò per promuovere e rinnovare la vita monastica in quella provincia e, una volta deposto l’ufficio episcopale, prese l’abito monastico nel monastero di Cellanova, che poi resse come abate.
Nacque in Portogallo il 26-11-907. Era parente di Alfonso III il Grande, re delle Asturie (Spagna). Sua  madre lo affidò al vescovo di Durmio, sotto la cui direzione Rudesindo fece rapidi
progressi nella scienza e nella pietà. Aveva appena vent'anni quando, alla morte del prelato, fu scelto per succedergli.
Spaventato di una simile incombenza, volle ricusarla, ma Dio lo avvertì di non fare resistenza. Lavorò con zelo alla santificazione del suo gregge, e stabilì dei monasteri in cui amava ritirarsi a pregare, studiare e meditare le divine scritture.  
Incaricato dal re di Leon, Sancho I detto il Grasso, di amministrare la diocesi d'Irta, egli ne trasportò la sede a Santiago di Compostella e riparò il male causato da Sisenand, l'antico titolare destituito e imprigionato.
In Galizia il santo fondò un monastero al quale diede il nome di Cellanova. Alla morte di Sancho, Sisenand riuscì a  fuggire. Una notte di Natale si recò a Santiago di Compostella, penetrò nell'appartamento del santo e, con la  spada alla mano, minacciò di metterlo a morte se non rinunciava alla diocesi di Tria.
Senza turbarsi Rudesindo gli dichiarò che era pronto a ritirarsi lo stesso giorno. Esortò portando il cattivo prelato ad espiare le proprie colpe e gli predisse che, se non l'avesse fatto, sarebbe lui stesso perito di spada.
Non volendo occuparsi che della sua anima, il santo si dimise pure dal vescovado di Durmio per farsi monaco nell'abbazia di Cellanova. Poco dopo gli uomini del Nord invasero Compostella e Sisenand perì come gli era stato predetto. Verso lo stesso tempo Rudesindo fu eletto abate di Cellanova. Morì in tale carica il 1-3-977. Celestino III lo canonizzò nel 1195.  

(Autore: Guido Pettinati -  Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Rudesindo, pregate per noi.

*San Silvio e Compagni - Martiri venerati ad Anversa (1 marzo)

† Roma, II secolo
Etimologia:
Silvio = abitatore delle selve, uomo dei boschi, selvaggio, dal latino
Emblema: Palma
Ci sono cinque Santi, tutti dell’antichità cristiana, che portano questo nome, poi ve ne sono altri con le varianti Silvino, Silvano, Silvia, Silvana; il Silvio del quale si parla in questa scheda, fa parte di un gruppo di martiri di cui alcuni nomi sono Massimo, Benigno, Fedele, Silvio.
Di loro non si sa niente, chi furono nella vita, come subirono il martirio, chi furono i loro giudici; si sa solo che le  loro reliquie erano deposte nel cimitero di S. Callisto in Roma, quindi è da presumere perlomeno che morirono a Roma, in una delle grandi persecuzioni contro i cristiani.
Di San Silvio e compagni si ritornò a parlarne il 28 febbraio 1650, quando i Gesuiti  belgi di Anversa, ricevettero le loro reliquie (si ricorda che era pratica molto diffusa, quella di donare le reliquie dei martiri a Comunità e Chiese meritevoli in Italia e in Europa) e come era logico, esse furono accolte con solenni riti, che le cronache dell’epoca riportarono ampiamente.
Gli studiosi della materia, cercarono loro notizie, trovando solo la conferma della loro provenienza romana e dei loro nomi, evidentemente incisi sui contenitori, com’era uso fare nei cimiteri e catacombe cristiane.
La loro ricorrenza liturgica nella chiesa della Compagnia di Gesù, si celebrava ad Anversa il 1° marzo.  

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Silvio e Compagni, pregate per noi.  

*San Siviardo - Abate di Anille (1 marzo)
Martirologio Romano: A Le Mans in Neustria, ora in Francia, San Siviardo, abate di Saint-Calais.
(Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Siviardo, pregate per noi.

*San Suitberto di Kaiserswerth - Monaco (1 marzo)
647 c. - Dusseldorf, Germania, 1 marzo 713
L'evangelizzatore della Frisia (una Regione che si colloca tra Paesi Bassi e Germania), delle Fiandre e del Lussemburgo, il missionario San Villibrordo, nella sua opera fu sostenuto da undici compagni, tra i quali c'era anche Suitberto, monaco della Northumbria.
Anch'egli, intorno al 690, andò in Frisia e predicò con successo nel Brabante, Gelderland e Kleve.
Nel 693 fu inviato in Inghilterra per ricevere la consacrazione episcopale da san Vilfrido nella Mercia. Dalla Frisia, poi, spostò la sua attività nella Westfalia del Sud.
Ma dopo l'invasione della regione da parte dei pagani sassoni, Suitberto si ritirò nel territorio dei Franchi.
Il re Pipino e sua moglie Plectudre gli donarono l'isola di Kaiserswerth vicino Düsseldorf dove fondò un monastero, morendovi il 1 marzo dell'anno 713. (Avvenire)

Martirologio Romano: Sull’isola di Kaiserswerth sul Reno in Sassonia, in Germania, San Suitberto, vescovo, che, dapprima monaco nella Northumbria, in Inghilterra, divenuto poi compagno di San Villibrordo e ordinato vescovo da san Vilfredo, annunciò il Vangelo ai Bátavi, ai Frisoni e ad altri popoli della Germania e morì piamente in un cenobio da lui fondato in età già avanzata.
San Willibrord vescovo missionario, aveva con sé, compagni nell’apostolato, dodici monaci fra cui Suitberto, monaco della Northumbria, essi nel 690 andarono in Frisia (fra Germania e Olanda) e lì si divisero fra le varie zone.
Suitberto predicò con successo nel Brabante, Gelderland e Kleve; nel 693 fu inviato in Inghilterra per ricevere la consacrazione vescovile dalle mani di San Vilfrido nella Mercia.
Lasciò ben presto la Frisia per diventare “l’apostolo dei Brukterer” nella Vestfalia del Sud; ma poi questa regione venne invasa dai pagani sassoni e Suitberto si ritirò nel territorio dei Franchi.
Il re Pipino e sua moglie Plectudre gli donarono l’isola di Kaiserswerth vicino Dusseldorf ove fondò un monastero, morendovi il 1° marzo 713.
Le sue reliquie nel 1626 furono trovate in un reliquiario d’argento a Kaiserswerth dove sono tuttora venerate.
Il suo nome è ricordato nel Calendario di Willibrord.  

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria -  San Suitberto di Kaiserswerth, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (1 marzo)
*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

Torna ai contenuti